14 aprile 2015 – TRENTO. Il cane non gli sembrava molto bravo a cacciare e per questo non ha trovato di meglio da fare che legarlo a un albero e ucciderlo a fucilate. Per questo motivo un cacciatore ottantenne dell’alta Val di Non è finito nei guai con l’accusa di uccisione per crudeltà o senza necessità di animali, un reato previsto dall’articolo 544 bis del codice penale. L’uomo, difeso dall’avvocato Andrea Stefenelli, è stato raggiunto da un decreto penale di condanna e doveva pagare un’ammenda di 15 mila euro, ma ha fatto opposizione e adesso si avvia a chiedere un patteggiamento. Se la potrebbe cavare con due mesi di reclusione, pena teorica, visto che è incensurato.
Le indagini della Procura della Repubblica erano partite dopo che gli uomini della forestale avevano trovato la carcassa del cane crivellato da pallini da caccia, nei boschi dell’Alta Val di Non. Il cane aveva il microchip così è stato facile risalire al proprietario. Agli agenti, però, l’uomo ha spiegato di aver prestato il cane a un amico, un cacciatore della zona. A questo punto, gli inquirenti hanno allargato le indagini e hanno raccolto informazioni. Così è emerso il sospetto di episodi simili avvenuti in passato e sempre su cani che avevano la «colpa» di non essere abbastanza abili nella caccia.
Questa volta, il proprietario del cane, si era detto sicuro che il suo amico non avrebbe mai potuto uccidere l’animale. Secondo lui voleva troppo bene a quell’animale. Ma gli inquirenti e la Procura sono giunti a conclusioni opposte. Hanno accertato che il cane era nella disponibilità dell’anziano cacciatore nel periodo precedente al ritrovamento della carcassa. Dalle indagini non è emerso che il cane fosse passato a qualcun altro. Poi è stata scartata l’ipotesi che l’animale fosse fuggito per essere stato ucciso da qualche sconosciuto. Infatti, il cane era stato legato a un albero con un guinzaglio La scena ricordava una vera e propria esecuzione. Una punizione capitale per non essere abbastanza abile nella caccia, questa almeno è l’ipotesi avanzata dai forestali. Così il fatto è finito alla Procura della Repubblica.
Il reato di uccisione per crudeltà o senza necessità di animali prevede pene abbastanza basse, da quattro mesi a due anni di reclusione. Pene basse che, comunque, se convertite in un’ammenda diventano pesanti. La Procura per questo aveva emesso un decreto penale di condanna di 15 mila euro. Una multa salata per l’anziano cacciatore. Ma, previsto dal codice di procedura penale, in questi casi si può presentare opposizione al decreto penale di condanna per poi chiedere il patteggiamento. Una manovra che conviene soprattutto a chi è incensurato e non rischia di finire in carcere. In questo modo, quindi, si evita il pagamento della maximulta e non si corre neanche il pericolo del carcere.
Fonte: Il trentino