insultare un cacciatore non è reato – la procura richiede l’archiviazione della querela vs Mocavero

Insulti al cacciatore morto: non è reato. La famiglia del 45enne deceduto in battuta però non ci sta e vuole che sul caso non scenda il silenzio.

Non è reato esprimere soddisfazione, brindare alla morte di un cacciatore: dire che «il cacciatore buono è solo quello morto». La Procura di Belluno ha richiesto l’archiviazione per la denuncia per diffamazione, presentata dalla famiglia del cacciatore lamonese, 45enne deceduto il 6 novembre 2016. La notizia della morte di I.S. che si era sentito male a caccia era stata data dai Centopercentoanimalisti con tanto di bottiglia di spumante e festeggiamenti.

Dal post condiviso su Facebook si erano scatenati commenti di ogni tipo, in barba al dolore della famiglia, arrivando agli oltre 150 post di puro odio. «Denuncia sto c….», aveva detto l’amministratore della pagina. E non aveva tutti i torti, visto che alla fine, per ora ha avuto ragione. La famiglia però non si arrende: vuole vedere rispettato il decoro e l’onore del suo caro e per questo si opporrà alla richiesta di archiviazione e si è affidata all’avvocato Enrico Tiziani.

La Procura ha ritenuto non penalmente rilevante il post su Facebook. Ha indagato il referente degli animalisti, Paolo MocaveroMa l’archiviazione è stata richiesta perché si sarebbe limitato a esprimere opinioni personali, per quanto sgradevoli, ma non di carattere diffamatorio. Di diverso avviso la famiglia che chiederà l’estensione delle indagini a tutti quelli che hanno commentato. Nel post con l’annuncio della morte del cacciatore c’è un uomo che stappa una bottiglia di spumante, coriandoli e festa e vicino un fantasmino. Prosit, hanno scritto molti animalisti: uno sfregio al lutto che ha colpito l’intera comunità lamonese, oltre la famiglia con una figlia minorenne.

Ebbene oltre al dolore per loro, l’ulteriore cruccio di vedere gioire gli animalisti con commenti pubblici che andavano dai più soft: «Perché non è morto prima», ai più pesanti «Vai nella tua bara e…» e altri ancora impubblicabili. Non sono impubblicabili però per il social network Facebook e nemmeno per la Procura.

Prima la società statunitense del social ha negato la rimozione delle frasi in questione. «Non sono contro la nostra policy», ha risposto il colosso della Silicon Valley. Poi la richiesta di archiviazione della Procura.

Fonte: Olivia Bonetti  – il Gazzettino di Belluno

 

 

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