Direttamente dal blog dell’amico Roberto Duria
C’è una diatriba che si trascina da molto tempo, riguardante una certa associazione animalista che rappresenta una pietra dello scandalo per molti attivisti. Sto parlando dei 100 % Animalisti, capeggiati da Paolo Mocavero, residente a Padova. L’avversione che molti attivisti per i diritti animali provano nei suoi confronti, e per estensione per il suo gruppo, è dovuta a due cause fondamentali: quella ideologica e quella inerente il buon gusto personale.
Entrambe sono difficili da scalfire sul piano dialettico e chi ne è portatore intende rimanere tenacemente abbarbicato alle proprie convinzioni. A volte, le due posizioni filosofiche, l’ideologica e del buon gusto, s’intrecciano e finiscono per fondersi.
Analizzate separatamente, alla fine si dimostrano deboli e insostenibili, specie quella
ideologica. Paolo Mocavero è un fascista. Detto così sembra un insulto, ma siccome ho incontrato molti sedicenti fascisti che amano gli animali e desideravano veder la Giustizia applicata anche ad essi, la mia percezione di “fascismo” è diversa da quella consuetudinaria, per tacere del fatto che Destra e Sinistra sono storicamente due facce della stessa medaglia, anche se molti attivisti per i diritti animali – come del resto l’intera società – non se ne sono ancora accorti.
Il conflitto tra comunisti e fascisti è stato, e purtroppo continua ad esserlo tuttora, uno dei modi con cui l’élite mondialista ha attuato il “divide et impera” tra i popoli e le nazioni, al fine di meglio soggiogare l’umanità. Evidentemente, il vizio (o il vezzo) di tenere separate le persone, per indebolirle, è come un virus che si propaga e si riproduce in tutti gli aspetti del vivere civile, comprese le associazioni animaliste. Il giorno in cui gli anarco-animalisti dei centri sociali, ma anche singoli attivisti, si renderanno conto che quella tra Destra e Sinistra è una falsa contrapposizione, sterile e perniciosa, il movimento animalista acquisterà più forza e verrà meno uno dei due motivi di avversione verso Paolo Mocavero e il suo gruppo.
Prima di passare ad esaminare la seconda pietra d’inciampo, cito il brano di una brava animalista che arriva al punto di cancellare dalle sue amicizie su Facebook quanti abbiano simpatia per i 100 % Animalisti.
Si chiama Jole Dessi e così si è espressa pochi giorni fa:
“I centopercento Animalisti hanno aperto una pagina su FB; con dispiacere ho notato che in questa diversi miei contatti hanno deciso di interagire con loro.
Personalmente ho creduto opportuno togliere dai miei contatti tutte le persone che hanno cliccato “Mi piace” sulla pagina e visto che privatamente mi stanno chiedendo le motivazioni che mi hanno indotto a toglierle dai contatti, vi anticipo che non voglio aver nulla a che fare con persone che sono dalla loro parte, perchè seguirli significa abbracciare a 360° una cultura fascista e una metodologia basata sulla violenza verbale e fisica.
Mi spiace, ma questo atteggiamento è molto distante dal mio modo di concepire la vita.
Sono certa che tra loro ci sono persone pacifiche e tolleranti, ma purtroppo non le conosco personalmente.
Ognuno di noi può fare quel che vuole, io mi riservo di prendere le distanze da chiunque sia dalla loro parte”.
Va registrata, di primo acchito, l’ammissione “purtroppo non le conosco personalmente”, il che potrebbe già indicare un problema di non conoscenza diretta delle persone che fanno parte di tale gruppo. Jole Dessi afferma di aver partecipato a un paio di presidi dei 100 % e di essere rimasta disgustata dalla “violenza verbale” messa in opera.
Questo è il “punctum dolens” della questione, molto più che la presunta appartenenza a una
“cultura di Destra”. Sulla sensibilità e sullo stile di vita di Jole Dessi e di quanti la pensano come lei, come per esempio la mia amica, nonché gattara, Anna Englaro, non si può interloquire, giacché ognuno è fatto a modo suo e io le capisco benissimo. Il turpiloquio da’ fastidio anche a me, a meno che non sia io ad usarlo.
Se la brava Anna Englaro e l’altrettanto stimabilissima Jole Dessi rimarranno sulle loro posizioni – né è mia intenzione far loro cambiare idea – c’è un’animalista che mesi fa la pensava nello stesso modo, ma a un certo punto ha deciso di prendere il diavolo per le corna e di partecipare a un presidio dei 100 %.
L’occasione è stata la fiera della caccia di Longarone (BL), pochi giorni fa, a cui non c’ero per motivi di lavoro, ma alla quale ho partecipato già un paio di volte negli anni scorsi.
A Daniela Billiani, vista la decisione di conoscere direttamente i 100 %, per farsi un’idea il più possibile coerente con la realtà, ho chiesto di raccontarmi le sue impressioni sulla manifestazione e ne è scaturito il seguente scambio di battute, sempre via Facebook:
Daniela: “E’ andato tutto bene. Mi sono anche procurata il contatto con il curatore d’immagine del gruppo, ho conosciuto Paolo e ho annusato gli altri. Poi ero con le mie amiche di Belluno!!!
Insostenibile lo stile linguistico.
Però giustamente loro sono contenti così e snaturare la loro identità ora è impossibile. Qualcosa si muove, con le buone maniere. Paolo ha dovuto rifare il sito perchè gliel’avevano chiuso e ha apportato qualche lieve modifica, forse, dico forse, rinunciando a quello stile cicionesco che seppellisce di parolacce il malcapitato di turno che non è esattamente della tua idea.
Me: Tutti metteremmo le mani addosso a chi fa del male agli animali, ma il problema è che lo faremmo solo….a caldo, mentre la rabbia dimostrata dai 100 % è….a freddo. Io, per esempio, non ci riesco.
Daniela: Non è questione di rabbia, ma di stile. Loro ne hanno uno che comprende degli insulti e le peggiori volgarità riguardanti il sesso e le parti intime che è decisamente discutibile…..taglia fuori le persone che devono conservare un canale istituzionale di dialogo con le persone “normali” (non ancora animaliste ).
Io mi chiedo come le questure possano ancora dare loro i permessi ed è abbastanza
curioso sapere che un furgone pieno di celerini arriva da Padova per scortarti. Ti mettono dentro uno spazio transennato e ti lasciano gridare di tutto. Poi…. a casa…. hanno persino fermato il traffico per consentire alle persone di raggiungere la stazione, visto che non c’era il marciapiede…. non sia mai che qualcuno si facesse male.
Me: Anch’io spesso sono stato tenuto lontano dalle iniziative della Lega Abolizione Caccia perché, avendo la tendenza a liberare gli uccelli dalle gabbie, mettevo in difficoltà quelli che tu chiami “le persone che devono conservare un canale istituzionale”. La cosa si faceva paradossale.
Dunque, anche per Daniela, il linguaggio scurrile e gli insulti inerenti le parti sessuali, rivolti ai cacciatori che vanno alla fiera con le famiglie, è “insostenibile”. Ovvero, non tutti riescono a insultare uno sconosciuto così, a freddo, senza lo stimolo adatto. E’ un problema di contesto, e va considerato che nella nostra società le imprecazioni contenenti riferimenti agli organi genitali sono sulla bocca già degli studenti tredicenni, con vera o falsa disperazione delle insegnanti, mentre tivù e cinema non fanno altro che dare il cattivo esempio, se escludiamo Chach Norris e Topolino che non dicono mai parolacce. Forse perché sono specializzati in manipolazioni di tutt’altro genere.
Altra cosa importante: la violenza verbale è poco in confronto a quella dei cacciatori che uccidono e feriscono la selvaggina, ma ciò succede lontano dagli occhi della gente, esattamente come con i mattatoi. Per cui capisco che per un attivista è difficile “rimanere sempre con il motore acceso”, cioè tenere a mente ciò che gli aguzzini di animali fanno ai nostri protetti. Ci dobbiamo anche concedere delle pause, pena l’insorgere della nevrosi.
Se è difficile per un attivista, che bene o male incappa continuamente su internet in video traumatizzanti o in foto parimenti cruente – documenti ineludibili dell’attività venatoria, macellatoria o d’altro genere – figuriamoci per un ignaro passante che dovesse sentire una marea d’insulti rivolta a una famigliola diretta a una fiera.
Il problema, non dimentichiamolo, sta nell’ignoranza o nell’indifferenza della gente che sta a guardare, non nell’insulto rivolto a chi se lo merita. Se l’uomo medio non fa nessuno sforzo per informarsi su cosa succede alla fauna impallinata, agli animali “addestrati” nei circhi, o al bestiame macellato nei mattatoi, non è colpa nostra, né di Paolo Mocavero, né di Jole Dessi, né mia.
Ciascuno di noi fa la sua parte per togliere le fette di prosciutto dagli occhi della gente, ma quando la gente non vuole togliersele, perché il prosciutto le piace e della sorte degli animali non s’interessa, allora ci vogliono misure drastiche, visto e accertato che il volantino, la firma sulla petizione, il corteo animalista per la città e tutte le altre forme civili di sensibilizzazione, non sortiscono l’effetto desiderato.
A meno che non vogliamo che le cose si perpetuino nel tempo e restino sempre uguali a se stesse (quando addirittura dell’animalismo non se ne faccia un business), necessitano strumenti più incisivi e la storia c’insegna che contro il tiranno non bastano le petizioni ma ci vogliono le pallottole.
Riusciamo ad immaginare un gruppo di benpensanti che durante il Terzo Reich avessero raccolto firme per una petizione da rivolgere a Hitler, chiedendogli di liberare gli ebrei prigionieri?
Ecco, dovremmo chiederci se la situazione in cui versano gli animali può essere definita una dittatura umana nei loro confronti. Se rispondiamo sì, come qualsiasi persona intellettualmente onesta dovrebbe fare, non ci resta che ammettere che le petizioni rivolte al tiranno chiamato Homo sapiens lascino il tempo che trovano.
E se vogliamo portare questo ragionamento fino alle sue estreme conseguenze, dovremmo ammettere che già da un pezzo la parola, dalla politica mediatrice, avrebbe dovuto passare alle armi, sullo stile della rivolta del ghetto di Varsavia, cosa che non è stata fatta dagli animalisti perché siamo consapevoli d’essere una minoranza e dal punto di vista strategico, tattico e logistico verremmo sbaragliati in men che non si dica.
Ergo, continuiamo a usare armi spuntate, che non aiuteranno gli animali a uscire dalla schiavitù, ma che sono esattamente quelle che il Sistema basato secolarmente sullo sfruttamento dei medesimi, ci permette di adoperare. Il Sistema non solo fa stare i 100% dentro un recinto di transenne, ma l’intero movimento animalista dentro transenne virtuali che danno lustro al Potere, che si fa passare per liberale e democratico, ma che non servono a una beata minchia. Mi permettete un po’ di turpiloquio?
In definitiva, il disagio che alcuni di noi provano durante i presidi dei 100 % (forse perché
non siamo abituati ad andare alle partite di calcio e mi viene il sospetto che sugli spalti si usi un linguaggio simile), è il risultato di una frustrazione a monte, intrinseca, forse percepita solo in maniera subconscia da Jole, Daniela e anche dal sottoscritto, perché nasce dalle censure che la società ci pone continuamente e dai limiti che riconosciamo nella nostra abituale prassi animalista.
Quanti di noi, magari dopo un periodo passato a liberare animali in stile A.L.F., infrangendo la legge, si sono appiattiti andando a spalare escrementi nei canili! Io non li biasimo, perché capisco che una vita passata fuori e dentro le galere e le aule dei tribunali non è precisamente una vita felice. Sarà avventurosa, produrrà anche qualche mezza dozzina di fans entusiasti, ma poi?
L’amarezza regna sovrana, alla fine, considerando che anche occupandosi di cani randagi non è che le soddisfazioni siano molte di più.
Insomma, Paolo Mocavero sarà anche un fascista protetto dalle questure (ma non sempre perché non gli è stata data l’autorizzazione ad andare davanti alla casa dell’aggressore di Edoardo Stoppa), ma insulti e parolacce, elargiti in maniera tutto sommato mirata, possono essergli perdonati se si pensa che la violenza verbale è necessariamente su un gradino inferiore a quella fisica messa in pratica sugli animali dai loro aguzzini.
Non bisogna perdere il senso delle proporzioni e scambiare lucciole per lanterne. O viceversa. Un presidio dei 100 % Animalisti ha l’articolo garantito sul Gazzettino, il quotidiano del nord est, mentre un milione di firme raccolte nelle piazze non ha l’onore nemmeno di un trafiletto sul giornale di provincia.
Dunque, chi ha una marcia in più fra le due metodologie?
A un certo punto, insistere a volersi dichiarare pacifisti e gente per bene, diventa stucchevole e scivola piano piano anche verso l’ipocrisia. Jole Dessi, Anna Englaro e, ancora di più, Daniela Billiani hanno tutta la mia immutata stima, ma Paolo Mocavero, nonostante l’ottusità degli anarchici chiusi nel loro ghetto, sta trainando il movimento animalista fuori dalle secche dell’immobilismo, o della falsa sensazione di movimento.
Alla pietra d’inciampo delle parolacce va dato un doveroso calcio, scagliandola lontano.
Concludo con le parole dell’interessato riguardo a tutta questa faccenda:
“Non vi piaccio? Sedetevi pure con il resto delle persone che aspettano che me ne freghi qualcosa”.